domenica 17 aprile 2011

Il mio personale negozio di fiducia

Mi sistemo i capelli, ammirandomi nel mio specchietto tascabile, scendo dalla mia vecchia macchina, passo oltre i sacchetti della spazzatura e, guardandoli, sorrido.
Non mi curo della coda di veicoli in ingresso al parcheggio, non mi importa, questa è la mia domenica e niente potrebbe rovinarla. 
Con indosso il mio vestito migliore, ferma davanti alla porta scorrevole, tiro un profondo sospiro e entro nel mio personale paese dei balocchi.
Musica, luci, colori si impossessano di me mentre cammino, lenta, davanti alle vetrine per non perdermi neanche il minimo dettaglio.
"Questa è solo l'anticamera", penso estasiata.

Gonne lunghe, corte, grigie, nere o colorate fanno bella mostra di sè insieme a magliette di ogni tinta e misura.
Mi trovo a immaginarmi mentre indosso ogni capo, simulando il mio personale defilè.
"Non è facile scegliere", mi ripeto, specchiandomi nella vetrina, fino a quando un completo, gonna e camicetta, rosa chiaro, esposto alla mia destra, attira definitivamente la mia attenzione. 
La scelta è fatta senza ulteriori esitazioni.

Una signora, splendidamente vestita passa oltre, lasciandosi dietro una leggera scia di profumo.
Quasi ipnotizzata, la seguo, cercando di emulare il suo incedere fiero e deciso, fino a trovarmi all'interno di un’enorme profumeria, ormai sopraffatta da mille essenze che mi aggrediscono le narici.
Centinaia di boccette colorate mi si parano davanti, tutte meticolosamente esposte su immensi scaffali.
Una ragazza bionda, sulla trentina, intenta in un’animata conversazione al cellulare, mi passa accanto e, quasi senza notarmi, allunga una mano verso una boccetta, si spruzza sul polso una leggera scia di profumo e si allontana.
Mi guardo intorno e, come un bambino pronto a scartare i suoi regali di Natale, emulo gli stessi gesti appena visti compiere, poi, avvicinando il polso al naso, mi lascio rapire da quel profumo dolciastro. Una lacrima mi bagna il viso, commossa, esco dal negozio e mi siedo su una delle panchine, schierate in perfetto ordine, al centro di quell’immenso corridoio sul quale si affacciano vetrine piene di luci e colori.
Dal mio personale posto in prima fila sul mondo, osservo l’andirivieni che mi si para davanti e mi godo ogni momento di quell’immensa emozione.

Immaginandomi avvolta nel mio nuovo completo rosa chiaro e lasciandomi inebriare dal profumo, mi dirigo verso l'ingresso del supermercato.
Accanto al reparto “frutta e verdura”, vicino al banco frigo, preposto allo stoccaggio dei latticini, intravedo una donna in divisa verde acceso, intenta a tagliare tanti piccoli cubetti da una forma di formaggio, per offrirli come assaggio agli avventori intenti nei loro acquisti.
E’ l’ora di pranzo e un leggero languore mi spinge, in maniera quasi del tutto inconsapevole, a dirigermi verso quella donna che mi porge, dopo una breve spiegazione di rito, il piccolo boccone.
Un leggero pizzicore mi invade la bocca, aumentandomi la salivazione; deglutisco estasiata e mi gusto ogni minima briciola di quel cubetto saporito.

Barattoli con etichette colorate, scatole di ogni forma e dimensione invadono scaffali che delimitano, dividendo in corridoi, questo immenso spazio adibito a supermercato.
Un bambino piange davanti alle confezioni delle merendine per farsi comprare dalla mamma, indispettita, l’ultimo concentrato di grassi uscito sul mercato, mentre, non distante, un anziano signore discute con la moglie, intenta ad ingaggiare la sua personale guerra contro i biscotti portatori sani di colesterolo.
Li osservo divertita qualche istante e passo oltre, ritrovandomi in coda davanti alle casse.
Nonostante non abbia fatto acquisti, sosto con gli altri clienti in attesa, osservandone il contenuto dei carrelli e provando a fantasticare sulla destinazione e l’uso di ogni singolo prodotto.
Senza accorgermene arriva il mio turno, una cassiera grassoccia mi accenna un saluto, con un sorriso le mostro le mani, vuote, ed esco a passo svelto dalla barriera delle casse.

Dopo un breve passaggio alla toilette delle signore, allo scopo di rinfrescarmi e sciacquarmi la bocca, ormai inesorabilmente impastata dal piccolo assaggio, mi accomodo sulla stessa panchina che mi ha ospitata in precedenza e continuo a osservare la gente, le loro dinamiche, fantasticando sugli eventuali acquisti che avrei potuto fare.

Esco dal centro commerciale mi avvicino ai sacchetti dei rifiuti, raccolgo una vecchia bambola abbandonata e, dopo averla infilata meticolosamente in un sacchetto col marchio di uno dei negozi appena ammirati, torno alla macchina.
Il mio personale acquisto era appena stato fatto nel mio unico negozio di fiducia.
Sistemo la bambola sul sedile del passeggero, vicino a una vecchia coperta di lana e un cuscino avvolto in un federa sgualcita.
Mi avvio verso la portiera dal lato guidatore, voltandomi un ultimo istante verso l'ingresso del centro commerciale.
Ancora colma di gratitudine verso la giornata appena trascorsa, monto in macchina e, specchiandomi nello specchietto retrovisore, sorrido in un misto di gioia malinconica. Il completo rosa non c'è più ma rimane quello splendido profumo che riempie lentamente l'abitacolo.
Stringendo forte al petto la mia nuova bambola, mi accomodo alla bene meglio sul sedile e, senza mettere in moto, chiudo gli occhi.

Il mio nome è Agata, sono una senzatetto e questa è la mia macchina, la mia unica casa.

1 commento:

  1. ma dai... devo ricordarmi di leggerti senza trucco, se no cola tutto tra viso e pelo di Chloe che è sempre qui con me al computer...

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